Tantissimi sono al giorno d’oggi i siti e link che tramite la rete internet parlano di calcio.
Ho notato che però nessuno di loro, a parte poche eccezioni, parlano di come si arriva ad essere un giocatore.
La strada per arrivarci non è come si può pensare facilissima. Certo la fortuna aiuta, ma da sola non basta e nella quantità di bimbi che si presentano sui tappeti verdi di oratori o piccole società di paese, pochi riescono ad arrivare alle categorie dilettantistiche o al tanto sognato professionismo.
Tutto inizia tirando quattro calci al pallone in compagnia degli amici nel cortile di casa. Poi ci si unisce ai compagni di scuola e si formano piccole squadre, cominciano così le sfide tra quartieri o se in città tra i vari oratori parrocchiali. Quando finalmente si è in grado di avere tutti la stessa maglietta, ecco che il bimbo con il suo entusiasmo già si sente un campione.
Qualche genitore volenteroso si assume la non facile carica di allenatore e inizia l’avventura. I bambini ci mettono l’anima e sotto l’occhio e la voce dei genitori (tutti allenatori), convinti ognuno di avere in casa il campione, giocano divertendosi e impegnandosi come fosse una finale mondiale.
Di solito tra il pubblico c’è sempre qualcuno con un occhio diverso, nota le qualità dei contendenti, prende nota e li segnala a società che già hanno un organizzazione adatta per continuare la strada. Tra queste non mancano le società di calcio professionistico che non aspettano altro che trovare tra le segnalazioni bimbi da aggregare ai loro organizzati settori giovanili. Parliamo sempre di bambini che vanno dagli 8 anni in su.
Per loro si tratta, oltre che la soddisfazione di essere stati ammessi, tutta una serie di novità che fino ad allora non venivano percepite o insegnate. Si trovano così in un altro mondo. Certo cambia la qualità degli educatori/allenatori, tutto comincia dallo spogliatoio dove già si cominciano ad avere delle regole di comportamento.
Sono partito da queste iniziali parole per ripercorrere quello che personalmente o vissuto.
Pure io sono stato bambino in un paesino di montagna e dove si rincorreva un pallone che ancora era cucito a mano e le scarpette, chi poteva permettersele, avevano i tacchetti di cuoio inchiodati, per la delizia dei nostri piedini. Arrivato in città ho trovato modo di giocare in alcune società a livello dilettantistico.
Appeso le famose scarpette al chiodo per esigenze familiari, sono stato uno di quei genitori che si credeva un allenatore e per alcuni anni l’ho pure fatto con ragazzi nelle categorie giovanissimi e juniores.
Ormai tanti anni fa un amico, allenatore in un settore giovanile di una società professionistica, mi propose di accompagnarlo nel suo percorso con la mansione di massaggiatore e addetto alla cura delle divise. Mai avrei pensato di entrare in un mondo tanto diverso nella gestione di questo splendido gioco, dalla sola buona volontà e passione, si passa all’organizzazione completa.
Ma presto ho capito che il tutto, almeno nel mio caso, era il risultato del lavoro svolto con passione e competenza da un gruppo di persone straordinarie, magistralmente guidate.
Tutto in ogni qualsivoglia situazione, anche il più piccolo particolare era riservato all’attenzione verso i ragazzi che, nelle varie fasce di età, facevano parte della società.
Negli anni ho visto passare tantissimi ragazzi molti dei quali hanno raggiunto il loro sogno fino ai massimi livelli.
Altri magari si sono fermati prima, ma sicuramente sono diventati veri uomini.
Impegnando la mia mente nel rammentare, cercando nei ricordi sono riuscito a superare anni che direi particolarmente pesanti e difficili.
Quindi grazie a tutti voi ragazzi, anche se a vostra insaputa siete stati un impagabile aiuto e grandi anche solo nel ricordarvi.
Vi abbraccio tutti.
SERGIO GUALDI